Cesare e Dio

Quasi tutti i massmedia del giorno dopo dell’uscita dell’enciclica Deus caritas est  di Benedetto XVI hanno messo l’accento su quella che potremmo chiamare laicità dello Stato. Un tema scottante.

Il rilievo era pienamente vero. Il papa afferma: “Alla struttura fondamentale del cristianesimo appartiene la distinzione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio, ossia la distinzione tra Stato e Chiesa o, come dice il Concilio Vaticano II, l’autonomia delle realtà temporali. Lo Stato non può imporre la religione, ma deve garantire la sua libertà e la pace tra gli aderenti alle diverse religioni; la Chiesa come espressione sociale della fede cristiana, da parte sua, ha la sua indipendenza e vive sulla base della fede la sua forma comunitaria che lo Stato deve rispettare”.

L’equivoco – poiché di equivoco si tratta, se non ci si concede a interpretazioni maligne – inizia quando si passa a precisare che cosa sia l’autonomia dello Stato. Si tratta di una autonomia assoluta? Si tratta di un’assenza totale di norme morali e del prevalere incondizionato della maggioranza dei voti in tutte le questioni umane e pubbliche?

Benedetto XVI richiama il significato e il valore della legge naturale entro i cui ambiti lo Stato deve agire. “La dottrina sociale della Chiesa argomenta a partire dalla ragione e dal diritto naturale, cioè a partire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano”. In altri termini, lo Stato deve assicurare la vita dei cittadini e il loro armonico e pieno sviluppo, rispettando la libertà dei singoli e delle aggregazioni. Perciò si fatica ad accettare uno Stato che, perché laico e indipendente, permette di ammazzare dei bambini ancora non nati, potrebbe porre leggi che consentano la soppressione dei malati terminali, potrebbe stabilire delle famiglieche non siano fondate sull’amore coniugale di un uomo e di una donna, potrebbe permettere la soppressione di malati terminali ecc. In questi casi l’autonomia dello Stato diventerebbe arbitrio e licenza di uccidere o di sgretolare i nuclei familiari.

Questo rilievo non toglie nulla alla laicità dello Stato, anzi la salva. Una tale precisazione era già stata formulata quando il capo dello Stato aveva parlato di Stato laico, e il papa aveva risposto aggiungendo che lo Stato doveva essere sanamente laico. Continua Benedetto XVI nell’enciclica: “Lo Stato che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventa in definitiva un’istanza burocratica che non può assicurare l’essenziale di cui l’uomo sofferente – ogni uomo – ha bisogno”. 

E’ auspicabile che l’insegnamento del romano pontefice non si bruci in un giorno di commento frettoloso e distratto, ma costituisca un motivo di ripensamento approfondito e razionale. Sembra difficile identificare la laicità dello Stato con il permesso o addirittura l’imperativo di sopprimere dei sudditi sia pure in situazioni particolari.

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