L'umanità del prete

Giunge in questi giorni  ai vescovi di tutto il mondo una Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri. Il documento è già stato reso noto da tempo da parte della stampa che ha semplificato non poco le cose. Si tratta di un testo che esprime un buon senso notevole.

Intanto, occorre precisare che la libera scelta celibataria si pone in modo paradossale per chi considera le cose dal punto di vista unicamente umano. Non si tratta soltanto di un rifiuto del mondo, quasi la vita terrena fosse tutta una negatività radicale. L’opzione per il celibato è una scelta di un valore. Non si abbandonano le cose mondane perché sono brutte o anche soltanto pericolose. Il lasciarsi alle spalle una professione umana, un amore profondo e limpido per una donna, la pienezza di umanità che dona l’essere padre, sono tutte dimensioni di valore viste nella loro bellezza e nel loro fascino. Si sceglie di lasciare il matrimonio con il resto perché si è intuito e scoperto e fatto proprio un amore più grande, che è il Signore Gesù che il prete è chiamato a dirigere in modo appassionato ed esclusivo per poi aprirsi ai fratelli credenti e non con un atteggiamento di rispetto e di oblatività costruttiva. Si può dire che il sacerdote non è uno scapolo, ma uno sposato con Dio al servizio di tutti come Cristo.

Dentro questa decisione non sta un voler mortificare a tutti i costi anche i valori umani più limpidi e intrepidi. Il prete si orienta a diventare sempre più uomo perfetto: perfetto quanto è possibile a una persona umana pur attraversata da tendenze cattive. L’essere uomo di Dio, lungi dal rendere meno uomo, orienta il sacerdote ad essere sempre più uomo: capace anche di amicizia, di consolazione, di regalo del coraggio. Senza idealizzarne troppo la figura, il prete riuscito conosce e attua l’umano con dolcezza e vigore.

E siamo al problema dell’omosessualità. Che può essere passeggera e superata durante l’adolescenza. Che può essere tendenza profonda e quasi non sradicabile. Ciò si dica anche se una terapia psicologica appropriata può liberare da una tendenza che non è estirpabile. Omosessuali che contrastano l’orientamento disordinato devono essere rispettati e onorati: senza pretendere la gloria dell’altare, possono diventare santi.

Se invece l’omosessualità è innata e praticata al punto da non essere più sotto il dominio della volontà e l’aiuto della grazia, sembra chiaro che un caso come questo non possa accedere al sacerdozio. Non solo per i pericoli a cui si espone nel comportamento, ma perché non presenta una umanità completa e armonica.

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