Card. Ratzinger / Benedetto XVI

Col fumo bianco delle schede del quarto scrutinio, se ne vanno anche tutti i pronostici e le stregonerie dei profeti della carta stampata e della televisione. Dunque, doveva esserci un primo scrutinio dove si sarebbero presentati i due portabandiera degli stili di Chiesa attuali: il card. Martini per i novatori; il card. Ratzinger per i conservatori. Alla prima elezione sarebbero scomparsi i due nomi simboli e sarebbero usciti i personaggi veri: quelli che avrebbero preso il posto di Giovanni Paolo II. Si imponevano alcune votazioni per identificare un nome accetto a tutti: magari un non italiano, magari un non europeo: l’America Latina, soprattutto, è un Continente pronto a giocare la propria fede semplice e schietta al servizio della Chiesa intera.

Invece, ecco Ratzinger. Spiace, ma almeno una fuga di notizie c’era stata: non virgolettata, ma abbastanza organica: revisione della evangelizzazione secondo le esigenze – o le pretese – della cultura contemporanea; sacerdozio alle donne; preti sposati; revisione della morale sessuale; governo collegiale della Chiesa stabile e con poteri deliberativi ecc. Di contro, il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede era intervenuto quattro volte con toni sofferti a mettere in evidenza la situazione di crisi della fede nella Chiesa. La Chiesa era vista come una barca sballottata di qua e di là dalle onde. Giovanni Paolo II era presentato come un gigante della fede la cui opera doveva essere continuata. Perfino all’avvio del conclave, nella Messa per l’elezione del Sommo Pontefice, non aveva risparmiato dolcissimi rimbrotti alla comunità cristiana attuale. Ha insistito moltissimo sulla verità anche in campo morale. Ha stigmatizzato il relativismo al punto da evidenziarlo come una sorta di dogma mondano a cui gli intellettuali dovevano chinare il capo. In pericolo, secondo Ratzinger, non era soltanto la pratica cristiana: era la dottrina e il dogma; erano le certezze di fede che stanno alla base della redenzione.

Tutti discorsi, questi e altri, che sembravano stilati e pronunciati apposta per mostrare la riluttanza ad accogliere il servizio di Pietro nella Chiesa e nel mondo. Sembrava, Ratzinger, che dicesse: togliete l’attenzione dalla mia persona; sappiate che, se celebro in modo incondizionato Giovanni Paolo II, non sono per nulla tenero nei confronti di una comunità ecclesiale che doveva seguirne gli insegnamenti e invece gli batteva le mani.

Adesso abbiamo tempo per studiare le prime mosse e i primi discorsi di Benedetto XVI. L’ho conosciuto di persona. E non superficialmente. Devo ammettere che non mi ritrovavo per nulla in certi clichè che lo descrivevano come il gendarme un po’ burbero e intollerante della fede. Attuava delle analisi del pensiero contemporaneo quali pochi studiosi sono riusciti a disegnare. La sua preoccupazione era di accordare la rivelazione con la cultura attuale senza operare ribassi. Voleva la grazia non a buon mercato. Ciò che non trovavo nelle descrizioni usuali era la finezza di tratto, l’attenzione alla persona, la capacità di cogliere il pensiero altrui nel nocciolo, l’attitudine a un lavoro di equipe che non contrastava nessun elemento di verità e componeva tutti gli elementi di verità in una sintesi originale. Senza dire della dolcezza con cui prendeva a cuore questioni e persone. Un uomo fine, non solo intellettualmente. Un credente che non voleva in modo assoluto vestire di bianco e apparire alla loggia principale di S. Pietro per dare la benedizione Urbi et Orbi.

Grazie, Benedetto XVI. Le auguro di trovare confratelli di fede gentili e accoglienti – obbedienti anche – quale è stato lei.

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