Il ministro delle Riforme istituzionali Umberto Bossi è ricoverato – come è noto – in ospedale a Varese. La diagnosi oscilla tra l’infarto e l’ictus. Non è il caso di avanzare supposizioni. Si può rimanere ai comunicati dei sanitari che l’hanno in cura. Il caso Bossi, comunque, inizia a porsi. Anche se si rimetterà pienamente – come c’è da sperare – il segretario della Lega non potrà certo svolgere in futuro il lavoro a cui si è sobbarcato con passione e tenacia, né, probabilmente, riuscirà a dare direttive sicure sul domani del movimento da lui fondato e diretto.
Prima che uomo politico, Bossi è uomo. Perciò gli auguri di pronta guarigione non sono soltanto d’obbligo, ma sono atto di cortesia dovuta a un malato che faticherà molto ad accettare la propria situazione. Da credente, ritengo opportuno – oltre che leale – promettere una preghiera.
Bossi si deve far perdonare diversi eccessi verbali. Soltanto qualche settimana fa mi sono sentito in obbligo di rimbrottarlo perché, ancora una volta, aveva parlato della Chiesa italiana in modo avventato. Il ministro esigeva senza tante storie una Chiesa povera e quasi estranea alle vicende umane. Come se la Chiesa italiana di oggi non fosse già destituita di mezzi e spesso relegata a un ruolo pressoché ininfluente. Il ministro, recentemente, si era schierato più di una volta con una Chiesa tradizionalistica – un poco alla Lefèbvre – che nel nostro Paese non costituisce nemmeno quelle frange di fedeli che è dato di registrare in altre nazioni. Per non ricordare i riti balzani dell’acqua della fonte del Po e cose del genere.
Da un punto di vista politico si sta ipotizzando una guida del partito da parte di un quadrunvirato. Ma non è questo aspetto che interessa. Di là da manifestazioni discutibili – se non un poco istrioniche – ci si deve chiedere se il messaggio lanciato da Bossi in questi anni sia da lasciar cadere in toto, o sia da raccogliere nella sua orientazione di fondo. La stessa Costituzione ha previsto le regioni anche se le ha attuate in ritardo e soltanto in minima parte. I cattolici, poi, non possono dimenticare che un qualche federalismo ha accompagnato tutta la vicenda del Risorgimento: da Gioberti a Rosmini, da Romolo Murri a don Sturzo. Per non parlare di Cattaneo nella scia del pensiero laico.
Forse è giunto il momento di precisare l’argomento di cui si parla. Si danno lotte furibonde tra federalisti estremi e unitaristi d’un pezzo. Più spesso ci se la cava aggiungendo un aggettivo correttivo al federalismo: si parla così di federalismo unitario, di federalismo solidale, di federalismo dell’unica Patria ecc. Le zuffe che scattano di fronte a queste posizioni mediane e confuse, sono sotto gli occhi di tutti. Si può essere per l’unità d’Italia a tutti i costi o per la suddivisione in regioni. Purché si dica chiaro che cosa significhi sia l’unità che la suddivisione. Così si eviteranno polemiche inutili.
Di nuovo gli auguri più sinceri di presto e totale ristabilimento della salute al ministro Bossi. Da credente, con una preghiera accorata.