Ancora sulla bozza di Costituzione europea che viene discussa a Bruxelles.
       Bene per l'art. 51 che riconosce le Chiese nei rapporti con i rispettivi Stati di appartenenza. Bene press'a poco, dal momento che il dettato legislativo appaia le comunità religiose alle aggregazioni filosofiche; chissà: ai club di intellettuali e agli incontri in libreria. Passi, comunque.
       L'impuntatura si sposta adesso sul proemio del progetto di legge fondamentale. Diviene, cioè, questione culturale. Che può essere lasciata cadere come si spengono molte idee di oggi. Ma può rivelarsi un test di una chiave secondo cui si vuole interpretare l'intero articolato della norma.
       Forse non sarà opportuno battagliare perché vi sia inserito il richiamo a Dio. Non nominare il nome di Dio in vano, anche qui. Tanto più che poi ciascuno interpreta a modo suo: in senso trascendente o panteistico. Diversa è la situazione tedesca e soprattutto americana, dove un clima vagamente religioso viene percepito come tutela dei valori morali di civiltà. In Europa, generalmente, e soprattutto in Francia, un simile richiamo sa subito di indebita intrusione delle formazioni sacrali negli ambiti civili. Sia come sia. (In Italia siamo davvero esenti da tali prevenzioni?).
       A parte uno svarione nella trascrizione e nell'attribuzione di un testo storico citato - capita anche questo -, rimane il fatto che nel proemio si evocano le ascendenze culturali che caratterizzano la società europea di oggi: e si parla di "civiltà elleniche e romana", per balzare poi, con salto da canguro, alle "correnti filosofiche dei Lumi". Press'a poco quindici-sedici secoli di vuoto mentale e di valori. Al più si concede un cenno alle "eredità culturali, religiosa e umanistica" caratterizzate da uno "slancio spirituale che ha percorso l'Europa ed è ancora presente nel suo patrimonio". E in questa voragine che assomiglia più a una screpolatura si fan cadere i martiri, il monachesimo, le cattedrali, la trascrizione dei testi classici, le scuole episcopali e palatine, le università, l'elaborazione pittorica sconfinata, la letteratura patristica, il canto gregoriano, le Summae, il gotico, la Commedia, le fisionomie comunali fino ai sogni di unità d'Italia di Gioberti e di Rosmini, per non parlare dell'architettura e dell'arte figurativa del Rinascimento ecc. Tutto racchiuso in un indistinto "slancio".
       Forse non è il caso di rompere le trattative per una disinvoltura tanto e vidente e tanto partigiana. Non si nota che la stesura è di mano francese? Per di più ci si colloca soltanto davanti a un proemio. E tuttavia, quando uno svagato e cocciuto revisionismo storico si esprime in modo così plateale, a stento si riesce a fingere di non capire.
       Motivo di silenzio circa il cristianesimo e - sia pure - l'ebraismo? La solita laicità. Come se un richiamo a una religione quale fatto storico ledesse la suscettibilità dei cittadini che non necessariamente coincidono con la burocrazia di Bruxelles. Come se il collocare la rivoluzione francese quale ombelico della vicenda dell'umanità, permettesse di dimenticare il Terrore che ne seguì. E Napoleone. Come se le ideologie insorte dopo l'illuminismo e il deismo - con tanto di strutture sociali tiranniche - fossero da immaginare come parentesi senza collegamenti a parte ante e a parte post.
       L'obiezione insiste: o tutte le religioni, o nessuna. E perché non anche: o tutte le filosofie, o nessuna? Positivamente: si scelgano le forme sacrali che hanno generato, tutelato e promosso la persona umana nei suoi diritti e nei suoi doveri: nella sua intangibilità e non funzionalità a nulla e a nessuno (agganciata e finalizzata com'è all'Assoluto). Persona nei suoi aspetti di pensiero e di vita anche nella comunità, non soltanto cittadino.
       E poi, sì al cristianesimo e all'ebraismo e no al musulmanesimo perché la religione di Gesù rispetta senza dubbio la laicità dello stato democratico, contrariamente a qualche tendenza di qualche forma dell'Islam.
       Urta un certo sussiego con cui si pone la grandeur francese. Chissà: poteva anche essere superflua una diatriba come questa. Bastava riaffermare certezze e valori dell'autentico umanesimo, senza forzare la storia.

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