La notizia non è fresca di giornata, ma aiuta a capire molte cose. Durante una consueta udienza del mercoledì in dicembre, il Papa ebbe a citare Geremia per esprimere lo smarrimento anche della nostra cultura. Disse: «Oltre alla spada e alla fame, c'è una tragedia maggiore, quella del silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dall'agire dell'umanità... Non è forse questa solitudine esistenziale la sorgente profonda di tanta insoddisfazione, che cogliamo anche ai nostri giorni? Tanta insicurezza e tante reazioni sconsiderate hanno la loro ragione nell'aver abbandonato Dio, roccia di salvezza».
       Diversi intellettuali, soprattutto laicisti e atei dichiarati, hanno commentato con amarezza il grido del Papa «disperato». Eugenio Scalfari, soprattutto, si è sentito in dovere di improvvisarsi esegeta: Giovanni Paolo II - affermò - «ha posto di fronte a noi, credenti e non credenti, un evento di immensa portata religiosa e culturale, etica e perfino politica»; «l'abbandono di Dio priva la stessa Chiesa della sua missione mediatrice, che è poi la sola che ne motiva e ne giustifica la presenza storica». Insomma, secondo Scalfari il Papa stesso si dichiarerebbe destituito della propria autorevolezza divina: non si sentirebbe più rappresentante di Cristo. Sarebbe abbandonato da Dio. Si porrebbe come la semplice reazione di una solitudine derelitta dell'umanità.
       Che dire? Che, forse, non è del tutto congruo esibirsi come panteista - una sorta di ateo di lusso - come fa Scalfari, per poi disquisire sugli smarrimenti di una guida della Chiesa che si sentirebbe lasciata a se stessa dal Signore il quale dovrebbe sostenerla. In fondo, per persone o contesti di vita che si fondano su un rifiuto di Dio postulatorio e assiologico - vale a dire senza motivi razionali e con l'intento di promuovere l'uomo autonomo -, quale «evento di immensa portata religiosa e culturale etica e perfino politica» può essere il ritrarsi di un Dio che si nega? Al più, vi sarebbe da registrare anche il Papa tra i negatori di Dio: uno in più della turba. A meno che si desideri che qualcuno si impegni a tenere desta e alta un'illusione (benefica?). Mentre il Papa procede tetragono nella fede e incrollabile nella speranza: non abbiate paura.
       A Scalfari bisognerebbe spiegare ciò che si insegna agli studenti del primo anno di teologia: che Dio può sottrarsi a una qualche esperienza religiosa gratificante o perché egli chiama il credente ad aderire a lui nella nudità dello spirito - è la «notte oscura» -, o perché egli trova il credente riottoso ad avvertirlo come valore a motivo delle scelte peccaminose compiute: di uno stato di vita in rivolta contro Dio. Prove sul cammino della perfezione cristiana. Durezza del cuore lungo la strada di una volontaria dannazione. E si includa pure lo stile bonhoefferiano con cui Dio può educare l'uomo a costruire il proprio destino come se Dio non esistesse.
       Per il resto, Scalfari stia quieto. Non c'è Papa disperato. Giovanni Paolo II sa che Dio non abbandona l'uomo, se dall'uomo non è abbandonato. E il Signore vive un amore giurato, che non si pente di aver voluto salvare l'umanità. Dio può essere rifiutato. Non si può fare in modo che ci rifiuti: ci ama costantemente, cocciutamente, fino all'ultimo respiro e al supremo battito del cuore.
       Scalfari non ha mai sentito parlare di analogia e di antropomorfismi applicati alla comprensione e al linguaggio che tenta di pensare e di esprimere l'universo del divino?
       Intellettuali d'Italia, unitevi nello studio del catechismo prima ancora che dei trattati di teologia mistica.

Instagram
Powered by OrdaSoft!