Applauso cordiale al ministro Moratti dopo la presentazione della legge delega «per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale». Si tratta di norme generali e, dunque, non si può pretendere che contengano tutto ciò che ciascuno desidera. Il nuovo. Recupero delle scansioni dei corsi dalla materna alla soglia dell'università per chi è meritevole e capace. Possibilità di iscrizione anticipata all'asilo - poveri bimbi - e alle elementari. Pari dignità fra i licei e i corsi preparatori alla professione. Percentuale del 10 per cento dell'insegnamento affidato alle Regioni. Cammini di aggiornamento per i docenti. E così via.
       Si rimane senza risposta di fronte a vari problemi pure di fondo. Che ne è, ad esempio, della scuola privata che potrebbe innescare un dinamismo salutare di concorrenza con la scuola statale? Come verrà gestita l'autonomia che si riconosce ai singoli istituti scolastici? Come risponderanno le famiglie alla chiamata di corresponsabilità? E si potrebbe continuare.
       Si capisce che non bastano le tre «i» - inglese, impresa, internet - per elaborare un disegno di formazione e un programma di nozioni da far passare. Anche chi si avvia al lavoro deve avere una cultura di base. Si intuisce pure che si progetta una scuola la quale vuole essere seria e concludente: apprendimento di due lingue straniere, abilitazione alluso di strumenti tecnologici, esami con possibilità di bocciatura ogni due anni, valutazione globale al termine del cammino di studi, ripristino del voto in condotta, eccetera.
       Ma che ne è dei contenuti e del metodo di trasmissione? Non si pretende qualcosa di simile alla riforma Gentile del 1923 elaborata su uno schema idealistico. Oggi sarebbe anacronistica e impossibile. Per fortuna, forse. E però l'agganciarsi alla tradizione culturale italiana - il richiamo è del ministro Moratti - può risultare vago e interpretabile in mille modi. O segnare un ambito angusto per cui non si vada oltre la Liberazione e il Risorgimento. Mentre la sapienza, l'arte e il lavoro italiani - ed europei - mettono le proprie radici ben prima: lo si voglia o no, in una mentalità cristiana. E il collocare al centro della visione del mondo la persona - come ancora ha suggerito il ministro Moratti - può risultare poco più che una frase, se non si declina in scelte precise conseguenti. In un contesto di postmodemità la persona può apparire archeologia o qualcosa di anonimo da rivestire di volta in volta degli stracci del momento. Per andare al concreto: in storia si vuole di nuovo - come nella riforma Berlinguer - saltare quasi a piè pari il fenomeno cristiano, per sottolineare l'insorgere dell'Islam e soprattutto per giungere alla contemporaneità con il marxismo da spiegare e il fascismo da condannare? E così si dica per l'umanesimo a cui introdurre attraverso le letterature. Queste possono essere portali che aprono a orizzonti splendidi di umanità e di personalismo; possono rinchiudere in un'angustia ossessionata dall'efficienza e priva di ragioni per vivere. Ancor più l'attenzione è da porre sulla filosofia.
       Si aspettano chiarificazioni che non potranno non venire. Forse, però, anche la riforma Moratti non è una tappa della vita degli alunni che si attua da sé. Si pone, piuttosto, come un appello alla responsabilità degli insegnanti, degli alunni, delle famiglie e della società. È inutile piagnucolare sui libri di testo di indirizzo sinistrorso - ha ancora senso? - quando correnti culturali diverse non si impegnano a prepararne altri: più pacati, più oggettivi, meno ideologici, meno strumentali. E inutile rimbrottare maestri e professori quando si lascia imperversare una cultura estranea a principi veritieri e a valori e a norme morali. Un discorso analogo andrebbe fatto per la responsabilità delle famiglie le quali devono esercitare non solo un controllo, ma un influsso positivo sulla scuola. E si eviti, di fronte a una riforma in gestazione, di caricare la scuola di compiti che essa non può svolgere: inutilmente colpevolizzandola. Spesso il diffondersi di uno statalismo mortificante è frutto di latitanze sociali da parte di molte agenzie educative: ci si lamenta dell'invasione dello Stato, mentre si invoca tacitamente tale invadenza.
       Grazie, ministro Moratti. Non abbia paura a proseguire lo sforzo di ridare dignità alla scuola italiana: peggiore di come è, difficilmente diventerà. E passi pure alle fasi ulteriori senza attendersi riconoscimenti dall'opposizione. C'è da scommettere che membri dell'opposizione voterebbero contro anche se si presentasse una legge approntata da loro. E richiamo le responsabilità di genitori e docenti. E in gioco l'avvenire di ragazzi e di giovani. Non basta una legge per educare una generazione. Fosse pure una legge perfetta e munita di copertura finanziaria. Si impone competenza scientifica, passione educativa e voglia di dedizione. A proposito: i cattolici che cosa fanno? Esistono ancora?

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