Sarà in occasione del XXV anniversario della elezione a sommo pontefice? Sarà per l'ottobre ormai alle porte? Sembra che il libro non abbia l'andatura di una catechesi, ma abbia una scansione in tre tempi con stile poetico. Si tratterebbe di una elevazione spirituale sulla morte e su ciò che si troverà nell'aldilà. Si parte dalla soglia della Cappella Sistina per ritornare all'identica cappella passando attraverso il servizio alla Chiesa Universale e «scivolare nella tomba è per me parte della tua pasqua».
       Non vorrei emettere troppi paragoni. Ma qualcosa di personale mi risuona nell'intimo. Qualche anno fa ebbi a scrivere sulla morte intitolando la riflessione «La santa paura». E tale era. E tale rimane. Se non ci si vuol esporre alle frustate del dolore sorridendo come un ebete e all'acribia del giudizio di Dio quasi fosse la presa d'atto di un bonaccione un po' sconclusionato, mentre è una valutazione che raggiunge le reni e i cuori, come sostiene l'Antico Testamento; e come il Nuovo Testamento aggiunge che il Signore Gesù conosce ciò che è nell'intimo dei cuori umani.
       Giorni fa mi sono trovato in mezzo a una vicenda strana. E chiedo scusa di darvene qualche ragguaglio. Il dubbio era tra la presenza di una devastazione cancerosa e l'avvio di una tubercolosi. Non risultò nulla di tutto questo. E però, i medici si trovarono di fronte ad analisi complesse che portarono addirittura a una sospensione cardiaca di qualche momento.
       Durante l'operazione non venni a sapere nulla. E nemmeno dopo, se non quando una persona di fiducia mi spiegò ciò che era accaduto. Per giungere a una soluzione occorsero ben due operazioni chirurgiche preparate da due somministrazioni di anestetici.
       Quando una delle persone più vicine mi tratteggiò l'intera operazione mi sentii defraudato dei minuti forse più importanti della mia vita.
       Non sogno nemmeno lontanamente una sorta di scoop giornalistico da parte di uno che curiosa in una stanza e poi rende conto di ciò che ha visto: una sorta di recensione dell'itinerario della morte come quella scritta della Kublen Roos. Insisto sul motivo della paura. E tuttavia mi son sentito in dovere di confidare ai clinici che forse stavano sottraendomi la consapevolezza dei passaggi decisivi della mia libertà di vivere e di morire.
       A costo di sentirmi agghiacciato dal terrore, avrei preferito trovarmi nella situazione di essere informato via via delle situazioni di malattia e di difficoltà che attraverso: soprattutto quando sto avvicinandomi alla porta dell'aldilà dove vi può essere il volto e l'abbraccio confortanti di un Dio giusto e crocifisso, pronto più a perdonare di quanto noi siamo disposti a domandare di essere perdonati; dove, però, permane uno strano timore riferito a un'esperienza unica e non ripetibile su cui si gioca l'intera libertà dell'esistenza. Perché proprio la tenerezza di Dio non accolta non potrebbe costituire un motivo di allontanamento da Dio: di un allontanamento nostro e non da parte di Dio.
       In positivo a ciò si aggiunga una grande voglia di scorgere il colore degli occhi e il lampo del volto di Cristo e l'ovale del viso di Maria e la fisionomia dei santi di maggior spicco, ma anche dei santi che abbiamo conosciuto per via e che hanno comminato accanto a noi. Io ne ho già steso la lista più urgente, ma ci sarà tempo. Mio fratello ventitreenne. Mio papà trentasettenne. Mia mamma ottantatreenne a cui devo domandare perdono di molte disattenzioni. E poi uno zio prete che mi ha insegnato a pregare. E un cugino seminarista che era ormai prossimo all'altare e il Signore aveva voluto con lui.
       Ritengo di avere una teoria inevitabile all'aprirsi dell'uscio del futuro assoluto. Se ci salviamo, ci verrà regalata la possibilità di scoprire l'ovvio e insieme l'inarrivabile di Dio. Analogamente penso che sarà necessaria una capacità nuova - una sorta di gratia fraternitatis - in base alla quale si possa incontrare ogni fratello con un atteggiamento di affetto unico e di amicizia non seriabile.
       Sto aspettando il libro del Papa. M'è venuto da confidare qualche esperienza recente di prossimità al Dio definitivo. E sia ciò che la grazia vorrà.

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